III legge della dinamica Ad ogni azione corrisponde una reazione pari e contraria.

 

Se qualcuno spinge una pietra col dito, anche il suo dito viene spinto dalla pietra. Se un cavallo tira una pietra legata ad una fune, anche il cavallo è tirato ugualmente verso la pietra: infatti la fune distesa tra le due parti, per lo stesso tentativo di allentarsi, spingerà il cavallo verso la pietra e la pietra verso il cavallo; e di tanto impedirà l’avanzare dell’uno di quanto promuoverà l’avanzare dell’altro.

Anche in Ortodonzia vale il 3° principio della dinamica. Quindi quando noi, tramite un’apparecchiatura ortodontica, esercitiamo una forza su un dente per spostarlo verso la sua giusta posizione sfruttando un appoggio su denti diversi,sollecitiamo entrambi i sistemi:quello che vogliamo spostare e quello che non vorremmo si spostasse. Per eliminare i movimenti non desiderati, si cerca di differenziare la resistenza al movimento delle due componenti rendendo più “resistente” al movimento il gruppo di denti da non spostare e più “cedevole” quello che deve essere spostato ortodonticamente.

Ancoraggio ortodontico

Si parla quindi di ancoraggio ortodontico, cioè la creazione di un gruppo dentale adeguatamente strutturato che disperda, senza muoversi, le forze di reazione generate dagli apparecchi ortodontici consentendo solo i movimenti dentali desiderati .Questo ancoraggio ideale non esiste;tutti i denti sottoposti all’azione degli apparecchi ortodontici si spostano,sia quelli che dovrebbero stare fermi che quelli che dovrebbero muoversi: a seconda della percentuale di questi spostamenti si parla di ancoraggio massimo, medio, minimo.

I metodi per creare ancoraggio sono molteplici. Il più banale è la solidarizzazione di un gruppo numeroso di denti contro un singolo dente da spostare. Altri sistemi riguardano la differente inclinazione dentale rispetto al decorso delle forze ortodontiche in modo che siano facilitati i movimenti voluti e resi più difficili quelli dei settori di ancoraggio. Il tutto si complica considerando che il problema non è solo meccanico, ma anche biologico.Per esempio si sono sviluppate tecniche per incrementare selettivamente il turn over metabolico delle zone dentali che devono muoversi di più, rispetto a quelle che devono fare ancoraggio.

Senza entrare troppo nei tecnicismi ortodontici, bisogna dire che  alcune malocclusioni non consentono di trovare settori di ancoraggio adeguati. Alcune malocclusioni, cioè, richiedono movimenti di correzione ortodontica che sono meccanicamente impossibili, stante la posizione  dei denti. Come è possibile spostare indietro tutti i denti di una arcata dentale, per esempio?

Questa constatazione ha spinto i clinici a trovare il cosiddetto ancoraggio extradotale: spostare cioè l’ancoraggio fuori dal cerchio ristretto della dentatura per ampliare le possibilità biomeccaniche. I sistemi di ancoraggio extradentali appartengono alla storia dell’Ortodonzia:le trazioni extraorali(il “baffo”), la maschera di Delaire, ecc sono apparecchiature che hanno avuto un’ampia diffusione e sono usate tutt’ora. Il problema di questi apparecchi era ed è che sono ingombranti molto impegnativi per la sopportazione del paziente.

Temporary Anchorage Device Systems

Più recentemente si è diffuso l’utilizzo dei cosiddetti Temporary Anchorage Device Systems TADS. Questi sistemi sono costituiti da piccole viti che vengono posizionate nelle ossa mascellari in localizzazioni adeguate e che fungono da punti di applicazione di forze ortodontiche al di fuori della dentatura del paziente cioè il vero ancoraggio massimo anzi ASSOLUTO.

I sistemi proposti dal mercato sono numerosissimi, ma generalmente costituiti da vitine di titanio di diametro circa 1,5-2 mm e lunghezza da 8 a 15 mm.Queste vitine presentano alla loro testa dei supporti ai quali fissare i dispositivi ortodontici necessari:molle, leve, legature, ecc. Le sedi di applicazione di questi dispositivi sono molteplici: cresta infrazigomatica; tuberosità mascellare; zona mediana del palato; corpo mandibolare; sinfisi mandibolare; area retromolare; altre zone edentule; siti specifici di osso alveare interdentale.

I criteri di posizionamento fondamentali sono: il rispetto delle strutture anatomiche nobili(fasci vascolari e nervosi); la presenza di una buona corticale ossea e di osso trabecolare nel sito impiantare; la presenza di gengiva aderente nella zona di emergenza delle vitine;evitare l’eccessiva vicinanza alle radici dei denti. I TADS non subiscono una vera e propria osteointegrazione, come avviene per gli impianti dentali e questo consente una loro facile rimozione al termine del trattamento. Possono essere caricati fin da subito con le forze ortodontiche, anche se molti autori suggeriscono di differire il carico dopo 2-4 settimane o di sollecitare le vitine con un carico progressivo.

L’applicazione dei TADS  è semplice ,richiede solo anestesia locale e pochi minuti di intervento. Alcuni sistemi richiedono la preparazione della sede di impianto con una fresa adatta, altri, utilizzando vitine autofilettanti, non richiedono neanche l’uso del trapano.

Ancoraggio extradentale del Dr. Drescher

Il sistema che presentiamo nel video è un sistema sofisticato proposto dal dr.Drescher  dell’Università di Dusseldorf.

 

È caratterizzato dal posizionamento di 2 viti nella zona del rafe palatino (la volta del palato). Questa zona è una delle più favorevoli al posizionamento dei TADS. L’uso della doppia vite conferisce una stabilità ottima al sistema. Su queste due viti si appoggia un’apparecchiatura ortodontica costituita da molle  che possono essere attivate progressivamente. Cio’ conferisce al sistema una notevole adattabilità: non solo si possono ottenere distalizzazioni importanti di tutti i molari e quindi di tutta l’arcata superiore, ma, invertendo il verso della molla, anche mesializzazioni e chiusura degli spazi.

 

Entrambi questi movimenti erano un tempo quasi impossibili da ottenere con i metodi di ancoraggio dentale classici.Applicando da un lato dell’arcata un sistema distalizzante e dall’altro uno mesializzante è possibile ruotare tutta l’arcata dentale verso uno dei due lati, rendendo così possibile la correzione di asimmetrie dentali importanti.

 

Contattate lo Studio Mario Lisa per maggiori informazioni.

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2 Comments

  1. L’apparecchio linguale mi ha veramente salvata dall’ansia e dall’imbarazzo, perché per me a 30 anni l’idea di mostrare l’apparecchio fisso per i denti era davvero insopportabile.
    Il grande problema dell’ortodonzia linguale però sono gli attacchi che consentono al filo metallico di aderire ai denti. Sono fastidiosissimi perché portano disturbi che vanno dalla fonazione alle abrasioni e tagli sulla lingua, perché il cibo rimane incastrato negli attacchi e per rimuoverlo con la lingua ti fai male. Insomma, se da un lato non si vede, dall’altro si sente e come. Maledetti attacchi, ormai sono un incubo!

    • Grazie Sara per il tuo intervento.Mi piacerebbe sapere che tipo di attacchi linguali hai utilizzato durante la tua cura.Gli attacchi linguali del sistema Incognito sono estremamente confortevoli perchè,al contrario di altri,vengono prodotti in modo totalmente personalizzato rispetto alla dentatura del paziente.Cio’ determina che siano molto ben adatti ALLA SUPERFICIE INTERNA DEI DENTI E QUINDI MOLTO BEN TOLLERATI.I fastidi durano 2 o 3 settimane e poi il paziente si lamenta meno addirittura dei pazienti con apparecchiature vestibolari.


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