La chirurgia implantologica guidata dalla programmazione computerizzata

La chirurgia implantologica guidata dalla programmazione computerizzata | Studio Mario Lisa

L’evoluzione informatica ha stimolato enormi progressi in medicina ed in odontoiatria. In un altro articolo del nostro blog (Una nuova TAC: la tomografia computerizzata a fascio conico) abbiamo già parlato dei vantaggi che l’elaborazione digitale ha portato nella diagnostica per immagini, consentendo l’acquisizione di immagini tridimensionali di precisione altissima. La tac cone beam, pur garantendo immagini di qualità quasi eguale rispetto alla tac tradizionale, ha consentito una notevole riduzione della dose di raggi somministrati al paziente, consentendo un maggior utilizzo della tac stessa.

 

A questi mezzi diagnostici si sono affiancati software altrettanto sofisticati che consentono di programmare interventi implantologici direttamente al computer sfruttando le immagini radiologiche dei pazienti. Mediante questi software il dentista può programmare, a partire dall’anatomia del paziente ottenuta tramite tac cone beam, la posizione, l’angolo e la profondità con la quale verranno inseriti gli impianti nella bocca del paziente stesso. Il software consentirà di creare una mascherina chirurgica che guiderà il clinico durante l’intervento trasferendo nella realtà la programmazione virtuale studiata sul pc. Durante l’intervento, il dentista si troverà a dover eseguire solo atti chirurgici che ha già studiato nei minimi dettagli precedentemente.

Chirurgia implantologica: una case history

Vediamo qualche aspetto di questa programmazione tramite un caso giunto alla nostra osservazione. Il paziente è D.B., 70 anni, buone condizioni di salute generale, non fumatore. È portatore da anni di una protesi totale superiore supportata dall’appoggio ad alcune radici dentali residue (overdenture).

Negli ultimi tempi queste radici sono diventate molto mobili e non svolgono più efficacemente la loro azione di ritenzione. Il paziente si rivolge alle nostre cure per migliorare la sua condizione clinica: vuole maggiore stabilità della protesi totale, ma non vuole rifare la protesi stessa per non incorrere in ulteriori spese. Non vuole neppure affrontare interventi chirurgici di correzione dell’atrofia ossea grave che colpisce il suo mascellare superiore.

 

L’esame obiettivo intraorale rivela l’irrecuperabilità delle radici rimaste, molto mobili ed infette. L’ortopantomografia conferma la diagnosi ed evidenzia una notevole atrofia del mascellare superiore. In effetti il paziente ha perso i suoi denti da parecchio tempo con una riduzione non solo dell’osso alveolare, ma anche di quello basale: sembra residuare solo una zona di cresta alveolare, per altro ridotta in altezza, da canino a canino.

 

 

Dopo aver bonificato l’arcata mascellare e consentito una buona guarigione, il paziente viene sottoposto a tac cone beam. Le immagini tridimensionali proprie di questo esame radiologico, consentono di farsi un’idea più precisa della disposizione dell’osso residuo, della sua ampiezza ed altezza. Abbiamo informazioni dettagliate sull’ampiezza dei seni mascellari (cavità del sistema dei seni paranasali, spazi vuoti che non possono essere interessati dalle comuni tecniche implantologiche). A questo punto, avremmo potuto procedere direttamente alla chirurgia implantare cercando di rapportare le immagini delle lastre con la anatomia reale del paziente. Questa non è una procedura semplice, ha qualche margine di errore (in relazione all’esperienza dell’operatore) e spesso obbliga ad eseguire incisioni dei tessuti molli molto ampie ed ampi scollamenti degli stessi, per verificare direttamente i reperi anatomici scheletrici.

In alternativa, abbiamo inserito i dati della tac cone beam di D.B. in un software dedicato (simplant-Dentsply) per la programmazione implantare computerizzata. La tac viene eseguita con una tecnica particolare che consente di acquisire anche l’immagine della protesi del paziente. Ciò consente all’operatore di avere delle immagini radiologiche dei tessuti duri, di quelli molli e della protesi passando dalle une alle altre con estrema facilità. L’operatore si trova ad avere riferimenti dentali e protesici per il posizionamento degli impianti: il clinico sa dove emergeranno i suoi impianti dall’osso e dalla gengiva e rispetto alla protesi esistente del paziente.


È possibile scegliere fra un numero enorme di tipi implantari e nell’ambito del tipo che si usa abitualmente, fra tutte le lunghezze e larghezze possibili. È possibile posizionare gli impianti virtualmente, in modo da evitare collisioni fra gli impianti stessi con le strutture anatomiche nobili: il tutto con la precisione di 1 mm. Una volta raggiunto un progetto implantare soddisfacente è possibile inviare il file del progetto stesso alla ditta Simplant (materialize) che produrrà una mascherina chirurgica adatta.

Nel nostro caso si è optato per eseguire quattro impianti, che essendo molto inclinati, hanno un’emergenza reciprocamente divergente e quindi distante, consentendo di ottenere un supporto ampio e distribuito. Per bloccare la mascherina si applicano tre viti da osteosintesi che rimarranno nel corso dell’intervento e verranno rimosse alla fine. Negli ampi fori intercalati ai denti protesici verranno di volta in volta inseriti dei mandrini di guida per le frese chirurgiche adatte ai singoli impianti prescelti. Infatti un presupposto irrinunciabile per questo tipo di tecnica è che il proprio sistema implantare abbia mandrini e frese adatte a queste mascherine chirurgiche. Noi usiamo gli impianti 3i che sfruttano il sistema Navigator per la chirurgia guidata.


Ciascuna fresa viene utilizzata in sequenza alla lunghezza predeterminata e senza dover scollare i tessuti molli in quanto tutto è già calibrato al momento della programmazione: si parla di chirurgia flapless: senza lembo. Una delle possibilità che questa tecnica offre è di approntare prima dell’implantologia un provvisorio adatto alle esigenze del paziente. Infatti la posizione degli impianti è nota da subito ed il laboratorio odontotecnico può utilizzare queste informazioni per il proprio lavoro. Nel nostro caso, stante le esigenze del paziente, abbiamo ricreato un appoggio molto stabile sotto la vecchia protesi totale del paziente, dato da 2 solide barre con attacchi.

Abbiamo risposto alle sue richieste: risparmio e riutilizzo della sua vecchia protesi, chirurgia flapless poco traumatica, nessun intervento complicato di rigenerazione ossea, stabilità della masticazione ritrovata e mantenuta nel tempo garantita nel tempo, della masticazione.

 

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