La Tomografia Computerizzata a fascio conico

La tomografia computerizzata, in radiologia, indicata con l’acronimo TC o CT (dall’inglese computed tomography), è una metodica diagnostica per immagini, che sfrutta radiazioni ionizzanti (raggi X) e consente di riprodurre sezioni o strati (tomografia) corporei del paziente ed effettuare elaborazioni tridimensionali. Per la produzione delle immagini è necessario l’intervento di un computer.

 

È nota anche come tomografia assiale computerizzata o TAC (in inglese CAT da computed axial tomography). Inizialmente infatti le immagini venivano generate solo sul piano assiale o trasversale, perpendicolare cioè all’asse lungo del corpo, ma oggi con il movimento del gantry, cioè del corpo macchina, si possono acquisire direttamente immagini in coronale. Il vero valore aggiunto delle macchine attuali però è che acquisiscono direttamente un volume intero (acquisizione spirale), cosa che permette più facilmente e con meno spesa biologica le successive ricostruzioni tridimensionali.

 

L’emettitore del fascio di raggi X ruota attorno al paziente ed il rivelatore, al lato opposto, raccoglie l’immagine di una sezione del paziente; il lettino del paziente scorre in modo molto preciso e determinabile all’interno di un tunnel di scansione, presentando a ogni giro una sezione diversa del corpo. Le sequenze di immagini, assieme alle informazioni dell’angolo di ripresa, sono elaborate da un computer, che presenta il risultato sul monitor. Per ottenere le immagini tomografiche del paziente a partire dai dati “grezzi” della scansione (RAW Data) il computer dedicato alla ricostruzione impiega complessi algoritmi matematici di ricostruzione dell’immagine.

 

I tomografi computerizzati a multi-strato sono una nuova famiglia di tomografi ad alto livello di dettaglio  anatomico  (fino a 0,5 mm) e di recente introduzione della quale i primi esempi risalgono al  1998. Una corona di  sensori  (detti detettori) registrano l’attenuazione di un fascio radiogeno (raggi X) rotante intorno ad un soggetto e trasformano attraverso elaborazioni matematiche questi dati in immagini leggibili da radiologi esperti. Le prime TC multistrato (o  multislice) avevano 4 corone di detettori.
d oggi le migliori hanno 64 file di detettori, ma già sono in consegna TC da 256 strati e più. Sono possibili indagini accurate di  endoscopia virtuale del colon  in alternativa al  clisma opaco. Un’altra importante applicazione è l’analisi vascolare di piccole arterie come le coronarie che si possono studiare, in soggetti non affetti da patologia acuta, in alternativa alla più invasiva  coronarografia. Le immagini prodotte consentono un dettaglio anatomico eccezionale a fronte però di un consistente aumento della  dose efficace  di  radiazioni  al paziente, ragione per cui è molto importante la giustificazione razionale all’esame diagnostico. Altrettanto importante è che la dose somministrata sia la minima indispensabile per ottenere il risultato diagnostico voluto (in inglese ALARA = as low as reasonably achievable, tanto bassa quanto ragionevolmente ottenibile).

 

In questi ultimi anni, al passo con i miglioramenti tecnologici disponibili, si è fatta strada una nuova metodica: la Tomografia computerizzata a fascio conico (Cone Beam Computed Tomography). La Tac cone beam utilizza un fascio di raggix conico fra la sorgente radiogena e i detettori, in contrasto con la geometria a ventaglio (sostanzialmente bidimensionale) delle tac multistrato convenzionali. Nella Tac Cone beam con una sola rotazione del gantry, può essere acquisito un intero set di dati volumetrici che viene elaborato da un software specifico 3D. Ciò comporta una risoluzione spaziale molto maggiore delle Tac convenzionali. Un altro vantaggio di questa tecnica è che è molto meno suscettibile, rispetto alle tecniche convenzionali, agli artefatti dovuti alla presenza di oggetti metallici, come spesso si verifica nel cavo orale (otturazioni, protesi, ecc). Al giorno d’oggi le Tac cone beam destinate all’esame della testa e del collo hanno protocolli di esposizione applicazione-specifici, con irradiazioni limitate a piccole aree di interesse ed esposizione alle radiazioni minima delle zone adiacenti. Possono quindi essere usate fonti radiogene meno potenti di quelle delle tac tradizionali. La dose di raggi subita da un paziente a seguito di una Tac cone beam è dalle 5 alle 10 volte inferiore rispetto ad una tac tradizionale. Dal punto di vista della dose di radiazione subita, possiamo dire che una Tac cone beam equivale a circa 2-4 panoramiche.

 

Ovviamente ci sono anche i lati meno positivi: le immagini ottenute da una Tac cone beam presentano limiti nel contrasto delle immagini stesse che riducono la possibilità di diagnosticare le patologie a carico dei tessuti molli (linfonodi, ghiandole, ecc), con notevole svantaggio nella diagnosi delle patologie della testa e del collo inerenti a questi organi. L’indicazione principe di questa tecnica è quindi la diagnostica a carico dei tessuti dentali ed ossei.

 

La Tac cone beam è validissima nel documentare tutti i dettagli anatomici ossei: estensione ed anatomia dei seni mascellari,decorso del nervo alveolare inferiore e di altre terminazioni nervose endoossee,posizione dei denti specie quelli inclusi,anatomia di eventuali fratture ossee o dentali, dimensioni e struttura delle ossa mascellari, ecc. Quindi le applicazioni variano dalla implantologia, alla chirurgia orale, all’ortodonzia.

La diffusione della Tac cone beam, rendendo disponibili immagini radiologiche tridimensionali con un minor dosaggio di radiazioni, ha consentito la diffusione di programmi informatici che consentono una programmazione estremamente accurata dell’implantologia. In pratica, questi programmi consentono di simulare il posizionamento virtuale dell’impianto nel mascellare valutandone l’inclinazione, la lunghezza, la profondità, tenendo presente i dettagli anatomici del caso e le caratteristiche della protesi fissa che verrà supportata dall’impianto stesso.

 

Sulla scorta di queste valutazioni vengono costruite delle guide chirurgiche tramite le quali l’implantologo può direttamente applicare l’impianto nel cavo orale del paziente con una invasività chirurgica minima. Infatti, tutti i dettagli dell’anatomia ossea del paziente sono stati studiati precedentemente e non è necessario esporre la sede implantare scheletrizzando il mascellare, cioè scollando ampiamente i tessuti molli orali per esporre la superficie ossea sottostante. L’intervento diviene quindi minimo e si riducono proporzionalmente i tempi ed i disagi conseguenti alla chirurgia. La massima applicazione di questo approccio e’ costituita dai casi di edentulia completa (totale mancanza dei denti) nei quali l’uso di queste mascherine chirurgiche facilita enormemente l’inserimento di un numero notevole di impianti e consente l’applicazione di provvisori immediati fissi che rendono possibile il sogno di tanti pazienti di avere i denti fissi subito!

 

A fronte di tanti vantaggi dobbiamo ricordare gli svantaggi: si rendono necessarie mascherine chirurgiche che vengono progettate e realizzate dalle ditte che hanno realizzato i software e questo costituisce un costo aggiuntivo. L’intervento richiede un kit chirurgico più complesso di quello solitamente utilizzato in implantologia e quindi più costoso. Per quanto riguarda il carico immediato, la realizzazione del manufatto protesico è abbastanza complessa e richiede un’esperienza dell’Odontoiatra e dell’Odontotecnico non comune.

E voi cosa ne pensate della CBCT? Dell’utilizzo di software per migliorare le procedure odontoiatriche?

Per chi volesse ulteriori approfondimenti scientifici, al seguente link, è possibile accedere al materiale illustrativo della ditta Materialise che ha ideato il software Simplant.