Protesi Dentale: preparazione e applicazione del provvisorio in resina

Protesi Dentale: preparazione e applicazione del provvisorio in resina | Studio Mario Lisa

La “protesi fissa” è il sistema per ricostruire e sostituire i denti danneggiati o mancanti con costruzioni metalloceramiche o di sola ceramica dentale. I termini correnti che definiscono queste costruzioni sono: corona, capsula, ponte. Perché un trattamento con protesi fissa riesca, è necessario aver ben presenti diversi aspetti della terapia dentale: la motivazione del paziente e la prevenzione delle potenziali malattie dentali, la parodontologia, l’odontoiatria conservativa, l’occlusione e l’endodonzia. Insomma occorre partire da una diagnosi complessiva del caso clinico in cui si intende operare. Le protesi fisse a più elementi o unitarie, possono essere molto utili al paziente oppure procurargli molti guai. La terapia viene scelta in base alla conoscenza dei princìpi basilari biologici e meccanici, ad una buona concezione ed esecuzione del piano di trattamento, e ad una giusta valutazione dei dettagli. Come in tutti i campi della medicina in questi ultimi anni c’è stata in odontoiatria una costante evoluzione. II miglioramento dei materiali, della strumentazione e delle tecniche rende possibile l’esecuzione di prestazioni di ottima qualità.

Preparazione e applicazione di una protesi dentale

Nel filmato, prendiamo in esame la preparazione protesica di un dente singolo e l’applicazione di un provvisorio. Successivamente verrà eseguita una impronta del dente preparato che verrà inviata in laboratorio per la costruzione della protesi definitiva. Questa protesi verrà dapprima provata in bocca al paziente per verificarne la effettiva qualità e poi cementata definitivamente. L’esecuzione di una protesi su un dente singolo è una procedura di relativa semplicità, ma richiede attenzione e precisione nelle diverse fasi come nel caso di protesi più complesse.

 

L’uso del microscopio operatorio fa la differenza consentendo una visione ingrandita, illuminata e di qualità superiore non solo alla visione diretta dell’operatore, ma anche a qualsiasi altro mezzo di ingrandimento (occhialini, ecc.). I principi della preparazione protesica sono stati ben codificati e comprendono: una riduzione programmata e non eccessiva della sostanza dentale tale però da consentire la costruzione di una protesi meccanicamente adeguata; consentire una forma che dia ritenzione e stabilità al manufatto protesico (in modo che la corona non si muova o si decementi); avere una precisione dei margini di chiusura che sia biologicamente accettabile. Nel caso della protesi su dente singolo, il fine della costruzione protesica è la salvaguardia dell’integrità del dente. Infatti si ricorre ad una corona in presenza di una lesione molto ampia dovuta a processi cariosi, fatti traumatici, lesioni od anomalie molto estese dello smalto dentale che non possono essere adeguatamente ripristinate dalle comuni terapie conservative (onlay, otturazioni). Un’indicazione classica alla copertura mediante una corona singola di un dente posteriore è quando questo sia stato devitalizzato. È dimostrato che ciò riduce la frequenza delle fratture coronali ed inoltre la protesi migliora la prognosi della cura endodontica.

Protesi dentale: passaggi operativi

I passaggi operativi comprendono dapprima l’esecuzione di solchi di profondità nota su tutte le superfici del dente che deve essere ricoperto (protesizzazione). Questi solchi indicano il punto fino al quale si dovrà asportare sostanza dentale per dare spazio all’odontotecnico per costruire il proprio manufatto. Nessun punto di questo manufatto deve avere uno spessore inferiore a quello minimo richiesto per essere sufficientemente robusto ed esteticamente accettabile. Si parla di preparazione a buccia di banana, paragone che dà la sensazione della riduzione di dimensione di un oggetto (la banana) che si rimpicciolisce in modo eguale in ogni suo punto, mano a mano che la si spela.

 

Il passaggio successivo è la rimozione di tessuto dentale fra un dente ed il vicino. È un’operazione che viene eseguita con frese diamantate molto sottili per evitare di ledere la superficie dentale dei denti contigui che sono sani. Eseguire questo passaggio in microscopia consente di lavorare tranquilli sapendo di non arrecare danni al paziente anche in presenza di spazi oltremodo ridotti.

 

A questo punto i diversi solchi di profondità vengono raccordati per rendere omogenea la riduzione delle dimensione del dente. Notare nel filmato come si sia fatta molta attenzione a ridurre lo spessore della cuspide lavorante (la cuspide che interviene di più nella masticazione) in modo da essere sicuri che la protesi in quel punto di maggior sforzo abbia uno spessore adeguato alla funzione.

 

Una volta che il dente ha raggiunto la forma desiderata, si procede all’inserimento di un filo di seta nel solco gengivale in modo da allontanare la gengiva libera dal dente stesso. In questo modo il dentista ha la possibilità di posizionare il margine di chiusura proprio all’altezza del margine libero gengivale e di seguire un riferimento visivo molto netto (il filo nero) nel disegnare il margine di chiusura, la cui precisione è fondamentale per il successo protesico.

 

Molto si è discusso su dove posizionare il bordo di chiusura della protesi. I fattori chiamati in causa sono diversi: l’estetica (margini sottogengivali sono meno visibili); la detergibilità della protesi (margini sopragengivali sono più pulibili e controllabili); la prevenzione delle carie secondarie al colletto (non avere zone di cemento o dentina esposte all’ambiente orale riduce il rischio di carie).

Ogni situazione ha la sua particolare indicazione: sicuramente sui denti frontali è meglio scendere con il margine sottogengiva per motivi estetici, mentre nei settori posteriori un margine sopragengivale è maggiormente tollerato dal paziente.

 

Il dente limato in modo completo viene definito moncone protesico. Questo deve venir perfettamente lucidato (vengono per questo utilizzate frese al carburo di tungsteno e pietre come arkansas e carborundum), in modo che il tecnico non abbia difficoltà nella costruzione della protesi definitiva.

Preparazione del provvisorio in resina

L’ultima fase mostrata nel filmato è la preparazione del provvisorio in resina. La preparazione del provvisorio è una fase fondamentale nell’esecuzione della protesi fissa e non è assolutamente evitabile. I motivi di questo sono molteplici. Il provvisorio mantiene l’integrità del dente fra il momento della preparazione protesica e la cementazione della protesi definitiva, momenti fra i quali possono passare anche 2 o 3 settimane, sempre che non incorrano imprevisti. Se il dente è vitale impedisce il manifestarsi di una insopportabile sensibilità al freddo propria di un dente che ha perso il rivestimento di smalto. Se ampiamente ricostruito, impedisce che si fratturi perché sottoposto a forze masticatorie incongrue. Inoltre il provvisorio contribuisce al mantenimento della salute gengivale, sostenendo i tessuti gengivali stessi nella loro posizione naturale antecedente alla limatura, impedendo l’impattamento del cibo direttamente nello spazio interdentale privato del punto di contatto. Il provvisorio, inoltre, mantiene stabile l’occlusione, cioè i contatti interdentali fra un dente che è stato ridotto in altezza ed i denti opposti (antagonisti). Il dente potrebbe estrudere, cioè sollevarsi alla ricerca di un contatto occlusale stabilizzante. Il provvisorio consente di mantenere un’estetica accettabile, specialmente nei settori frontali dove la presenza di un dente preparato della protesi e non ricoperto non è assolutamente accettabile da chiunque. Il provvisorio può essere preparato prima della seduta di protesi dal laboratorio, come mostrato nel filmato, oppure, nei casi più semplici, essere direttamente preparato in bocca al paziente. Fondamentale è che sia lucido e preciso in modo di favorire la guarigione dei tessuti gengivali. In ultimo ricordiamo che qualsiasi protesi, anche la meglio fatta non è mai all’altezza di un dente naturale integro: LA PREVENZIONE È SEMPRE LA SCELTA VINCENTE.

 

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Lo Stripping: che cos’è e quando può essere fatto

Lo Stripping: che cos'è e quando può essere fatto | Studio Mario Lisa

Con il termine di stripping si intende la riduzione del diametro mesiodistale (“larghezza“) dei denti naturali, ottenuta mediante l’abrasione controllata delle superfici di smalto interprossimali dei denti (le superfici dove i denti si toccano). Lo scopo di questa procedura è quello di aumentare lo spazio a disposizione dei denti, consentendone un miglior allineamento e garantendo una maggiore stabilità dei risultati.

 

È una procedura nota da molto tempo; già nel 1944 alcuni Autori l’avevano proposta, ma le tecniche utilizzate ai tempi non ne consentivano la facile attuazione. Infatti all’epoca gli attacchi ortodontici venivano applicati ai denti tramite delle bande, cioè anellini di metallo che circondavano completamente il dente stesso. È solo negli anni ’80 che, con il diffondersi dell’uso dei brackets direttamente incollati ai denti, la tecnica riprende importanza. Infatti il punto di contatto interdentale era divenuto facilmente modificabile in assenza della banda.

 

Sheridan, pubblica in quegli anni un articolo in cui descrive lo stripping come un’alternativa alle estrazioni ed all’espansione dell’arcata per risolvere l’affollamento dentario. Un altro autore importante in questo ambito è Zachrisson che per primo ha proposto lo stripping come un metodo valido nel ridurre i (la riduzione gengivale interdentale)che si presentano sovente dopo l’allineamento dei settori dentali anteriori superiori affollati.

Dal 1986 al 2008 negli USA il ricorso a questa tecnica si è raddoppiato nell’ambito dei piani di trattamento ad indicare una sua sempre maggiore affidabilità.

Come procedere allo stripping?

I capisaldi sono questi:

  • Un’accurata pianificazione. Bisogna valutare attentamente i modelli di studio del caso per quantizzare l’ammontare di riduzione interprossimale richiesta. In questo ambito, certi sistemi come INVISALIGN, che offrono una programmazione ortodontica computerizzata, rendono molto facile il calcolo dello stripping richiesto, anzi, è il sistema stesso che propone la cosiddetta IPR
  • Comodo accesso alle aree interprossimali. Una regola generale è quella di eseguire lo stripping dopo aver iniziato il livellamento e l’allineamento (le prime fasi dell’ortodonzia) in modo che si stabiliscano dei punti di contatto corretti fra i denti disallineati dove poter agire in modo controllato. L’uso del microscopio operatorio, migliorando in modo notevole la visibilità del campo operatorio, consente di operare lo stripping in una fase più precoce ed evitare movimenti irregolari che inevitabilmente si manifestano quando i denti si muovono in uno spazio inadeguato.

L’uso di cunei di legno o distanziatori(come mostrato nel filmato),consente di agire più facilmente sulle superfici mesiodistali dei denti.

  • Adeguata protezione dei tessuti molli:lingua, gengive, mucose geniene, ecc. Nel filmato viene usato un abbassalingua chirurgico ed un divaricatore che proteggono il paziente da possibili traumi derivati dagli strumenti rotanti.
  • La riduzione interprossimale dello smalto può essere eseguita con diversi mezzi sia manuali che meccanici.Nel filmato viene utilizzato un sottilissimo disco diamantato a grana extrafine ed operata la lucidatura e rifinitura delle forme dentali a mezzo di frese diamantate a grana superfine. Alla fine la lucidatura si completa con finissime striscette abrasive manuali.

Trattamento topico con fluoro. Non tutti gli Autori concordano sulla reale utilità dell’applicazione del fluoro,ma questa può essere comunque consigliabile specie nei rarissimi casi di sensibilità dentale dopo il trattamento.

Quanto smalto interdentale può venir strippato?

Oggi si ritiene che possa venir strippato il 50% dello spessore di smalto presente senza conseguenze dannose per la salute dentoparodontale. Il che significa che è possibile strippare circa 1mm (0,5 mm per superficie di contatto) nei settori posteriori e 0,75 mm complessivi fra gli incisivi, stante il minor spessore di smalto presente in questa sede.

Spetta comunque all’Ortodontista valutare per ogni singolo caso la misura corretta dello stripping, in relazione al biotipo del paziente, ma anche alla forma del singolo dente ,alla presenza o meno di restauri protesici o conservativi. Comunque vi è una consolidata evidenza scientifica che anche un’abrasione dello smalto maggiore dei limiti precedentemente illustrati può essere scevra di conseguenze dannose, se le superfici vengono ben lucidate e sono adeguatamente autodetergibili.

Ci sono differenze morfologiche fra lo smalto strippato e quello intatto?

La microscopia elettronica ha dimostrato che le superfici di smalto strippato sono più rugose e piene di solchi rispetto alle superfici non trattate, ma se queste stesse superfici vengono poi ben lucidate con mezzi adeguati, possono divenire più lisce delle superfici naturali.

Studi osservazionali che hanno seguito fino a 9 anni di distanza pazienti cui era stato eseguito stripping dentale non hanno evidenziato un aumento statisticamente significativo né di carie, né di lesioni parodontali. È probabile che l’assunzione regolare di fluoro (anche nelle paste dentifricie) e l’usura normale che comunque si verifica sulle superfici interprossimali dei denti, riportino alla normalità le condizioni dei denti sottoposti a stripping.

 

CONCLUSIONE

 

La letteratura disponibile indica che la riduzione delle superfici di smalto interprossimali rappresenta una modalità terapeutica valida a disposizione dell’ortodontista . Questa tecnica , se effettuata correttamente, e in determinate circostanze , può aiutare il raggiungimento degli obiettivi di trattamento senza compromettere l’integrità dei tessuti dentali e parodontali.

 

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Rifacimento di un’otturazione

Conservativa: Rifacimento di un’otturazione in amalgama con materiale composito

 

In un precedente articolo del nostro Blog abbiamo già parlato della ricostruzione di denti compromessi dalla carie con materiali estetici compositi. Abbiamo distinto le tecniche indirette da quelle dirette precisando che quest’ultime trovano indicazione nelle ricostruzioni di piccola o media grandezza. Nel video che presentiamo oggi,mostriamo il rifacimento di un’otturazione in amalgama che presenta una carie secondaria. Con il termine carie secondaria si intende la comparsa di una lesione cariosa ai margini o al di sotto di un precedente restauro che dopo anni subisce gli esiti di una infiltrazione batterica. Data la modesta entità della lesione (documentata da una radiografia) abbiamo ritenuto sufficiente l’utilizzo di una tecnica diretta.

Il primo passaggio è il posizionamento della diga in gomma che consente l’isolamento del campo operatorio con la possibilità di maneggiare all’asciutto i materiali compositi che servono al restauro dentale. Dopo la rimozione della vecchia otturazione (rimasta in bocca la paziente 20 anni), si è proceduto alla rimozione della carie e alla completa detersione del dente. Ciò si ottiene sia con frese che con strumenti manuali. Il passaggio successivo è il posizionamento della matrice per la ricostruzione della parete interprossimale mancante. La matrice viene adattata ed il cuneo di legno assicura un perfetto adattamento marginale cervicale, mentre l’anellino divaricatore permette l’ottenimento di un punto di contatto ottimale. Viene quindi praticata la mordenzatura di smalto e dentina mediante acido ortofosforico, che dopo circa 30” viene lavato via prima con acqua e poi con clorexidina. Cio’ predispone i tessuti dentali all’applicazione degli adesivi smalto dentinali.

 

A partire da questo momento le immagini del filmato sono gialle perché questo colore di luce fornito dal microscopio operatorio non attiva la polimerizzazione dei compositi usati nella ricostruzione stessa. I primi apporti di materiale trasformano la cavità da una seconda ad una prima classe, mentre successivamente si procede a stratificare la dentina seguendo l’anatomia del dente e riducendo al massimo la contrazione da polimerizzazione del materiale. Gli ultimi passaggi sono la rifinitura dell’otturazione, il controllo occlusale della stessa eseguito mediante cartine di articolazione e la lucidatura. Il risultato ottenuto è buono sia come funzione che estetica e con questo tipo di procedura, (campo asciutto, stratificazione, controllo al microscopio) la durata dell’otturazione è sicuramente eguale a quella in amalgama pur avendo un’estetica decisamente superiore.

 

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